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In una scena di wannabe, Salmo resta il rapper più rock’n’roll

Dategli un microfono e la band. Il resto? Chiacchiere. La recensione del concerto al Rock in Roma.
In una scena di wannabe, Salmo resta il rapper più rock’n’roll

Può andare in crociera a Sanremo, fare un pezzo con Fedez che ha l’ambizione di suonare come i Blink-182 ma che fa venire il latte alle ginocchia, far parlare di sé per un dissing con Luchè (comunque tra le cose più divertenti degli ultimi anni, in un mondo in cui tutti fingono di essere amici di tutti, tra selfie, cuoricini, “sei il king del rap”, “numero uno”): ma dategli un microfono, mettetegli a disposizione la sua band e Salmo si conferma come un animale da palcoscenico che non ha rivali tra i protagonisti del suo circuito. L’uragano Maurizio Pisciottu si manifesta davanti agli oltre 15 mila spettatori del Rock in Roma 2023 sul riff irresistibile di “90 Min”, alle 21.55. Non ha neppure bisogno di mettere le cose in chiaro: il pubblico accalcato sotto il palco del festival ospitato dall’Ippodromo delle Capannelle, dove ieri sera ha fatto tappa il “Summer tour” del rapper di Olbia, sa cosa aspettarsi da uno show di Salmo, che nella scena rap, quanto a performance, gioca da sempre in un campionato tutto suo, per coinvolgimento e intensità. “Sì, sono proprio il tipo, l’antipatico, ma quando ho il mic in mano, Cristo, esplode l’antipanico”, rappa, con il suo ghigno beffardo, su “Antipatico”, dopo aver sparato subito un paio di mine come “Russel Crowe” e “Stai zitto”, ribadendo la sua superiorità.



Eclettico, anticonformista, provocatorio, nel 2019 proprio qui a Capannelle il rapper sardo si presentò sul palco su una sedia a rotelle a causa di un infortunio al ginocchio riportato qualche giorno prima: comunque non si risparmiò. Figurarsi se lo fa oggi che non ha ostacoli: “Siamo tornati a casa”, dice, fomentando i fan. “Parapapa”, “Che ne so”, “Daytona”: quello che si abbatte sul palco del Rock in Roma è un tornado crossover in cui rap, punk e hard rock girano impazziti, travolgendo tutto, mentre una riproduzione della maschera che indossava ai tempi dei primi dischi fissa dalle spalle del palco gli spettatori. Che Salmo fosse il rapper più hardcore del circuito non è mai stato un mistero, per chi conosce la sua storia, partita dagli scantinati olbiesi frequentati ai tempi della militanza in band come gli Skasico, i To Ed Gein e i Three Pigs’ Trip, spaziando dal rap metal allo stoner rock, prima che l’album “The Island Chainsaw Massacre” nel 2011 desse il via a quella scalata al rap game che due anni dopo, nel 2013, lo avrebbe portato a conquistare il primo posto in classifica con “Midnite”, diventando uno dei primi protagonisti del circuito - dopo l’alieno Fabri Fibra - a sdoganare le rime nel mainstream. “La mia zona era la Z B, Heavy Metal Kids / la versione beta dell’MC”, rappa ancora in “1984”, rivendicando le sue radici.

Gira su sé stesso indemoniato, lancia sguardi di sfida al pubblico, sfoggia tutta la sua attitudine rock’n’roll. Intanto il suo avatar sul maxischermo alle spalle del palco viene ghigliottinato e la testa mozzata ruzzola sul led, dando l’impressione di uscire dal video e abbattersi sul prato dell’Ippodromo delle Capannelle (l’intero concept visual, tra mostruosi robot 3D, teschi e giganteschi squali che spalancano le loro fauci, è prodotto dal team sardo Reef Studios, già al fianco di Salmo per i video di “Estate dimmerda” e “Perdonami”). “Dovete saltare tutti, dal primo all’ultimo”, insiste il rapper, pescando uno dietro l’altro i brani più selvaggi di dischi come “Hellvisback”, “Playlist” e “Flop”, i tasselli di un’ascesa culminata l’anno scorso, quando Salmo è diventato il primo rapper italiano ad esibirsi in uno stadio, San Siro, con uno show tutto suo.

La band fa la sua parte, tra schitarrate, bassi potentissimi e il sound martellante della batteria, spaziando con credibilità dai pezzi più rap’n’roll a quelli più lenti, passando per le rievocazioni ska di “Aldo ritmo”, a ricordare di quando girava i centri sociali d’Europa dentro un camper, come lui - che oggi vanta 68 Dischi di platino e 43 Dischi d’oro - raccontò in “Death U.S.B.”. La sua diversità dal resto della scena Salmo la rivendica anche così. De Le Carie, così come si chiama la band che lo accompagna (e con la quale ha appena inciso l’Ep “Tre”, tirando fuori tutta la sua anima più punk-hardcore), Salmo restituisce quell’idea di gruppo con cui poter giocare, divertirsi e sprigionare tutta la sua carica live: “Potrei suonare anche senza guardarli, perché sarei sicuro di ognuno di loro. Penso di aver trovato dei musicisti unici, ognuno a proprio modo, ognuno con il proprio stile. Insieme diventiamo una cosa unica, una band”, dice il rapper della formazione composta da Frenetik e Marco Azara alle chitarre, l’ex Linea 77 Dade al basso e dal polistrumentista Riccardo Puddu, orfani a questo giro del batterista Jacopo Volpe, che sta lavorando oltreoceano con Post Malone. “PxM”, “Flop”, “A Dio”, “1984”: lo show fila dritto, senza pause, per un’ora e mezza, infiammando virtualmente l’Ippodromo delle Capannelle e facendo scattare il pogo sotto il palco in più di un passaggio.

Il “Summer tour”, che è partito il 28 giugno da Ferrara e che fino a settembre inoltrato vedrà Salmo esibirsi dal vivo sui palchi dei principali festival italiani, è un’ideale prosecuzione di quello che negli scorsi mesi ha fatto tappa nei palasport: lo show originariamente allestito sui palchi dei palazzetti viene riproposto in qualche modo su quello del Rock in Roma (con tanto di dj set finale che spazia da “Scatman” di Scatman John a “La canzone nostra”, la hit da 5 Dischi di platino che Salmo ha inciso con Mace e Blanco nel 2021, passando per la cover di “Diavolo in me” di Zucchero e “Ho paura di uscire”, portando avanti la festa fino a notte fonda), ma non perde la sua forza e la sua incisività, confermandosi come una delle cose più rock attualmente in giro. Può sembrare un’iperbole, ma non lo è. In una scena di poser, di progetti fake, di wannabe, Salmo rivendica la sua autenticità, legata alle sue radici, perché “dove cazzo vai se non sai da dove vieni?”, come urla in “1984”. Adesso che sono tutti criminali e che “a nessuno frega più un cazzo della musica”, perché “siamo diventati il sottofondo di un podcast, un balletto per TikTok”, come sottolinea, con la sua verve polemica, in “Criminale”, lui si tira fuori dai giochi. E continua a giocare una partita tutta sua.

SCALETTA:

“90 minuti”

“Russel Crowe”

“Stai zitto”

“Antipatico”

“Parapapa”
“Che ne so”

“Daytona”

“In trappola”

“Chiave”

“Perdonami”

“Criminale”

“PxM”

“Flop”

“A Dio”

“1984”

“S.A.L.M.O.”

“Aldo Ritmo”

“Tu per me”

“Marla”

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